BANCA POPOLARE DI VICENZA: PRIME CONDANNE AL RISARCIMENTO INTEGRALE

30/03/17

La Banca Popolare di Vicenza è stata condannata a risarcire interamente una cliente che aveva sottoscritto le azioni dell’istituto. La sentenza del Tribunale di Verona riconosce che la Popolare di Vicenza non aveva fornito le adeguate informazioni sulla tipologia delle azioni che stava andando a sottoscrivere e, soprattutto, sui rischi che avrebbe corso nell’acquisto di azioni illiquide.
La banca fino a poco prima del disastro finanziario continuava a proporre ai clienti investimenti spesso accompagnati da promesse di lauti guadagni. 
In contemporanea all’esito dell’operazione di rimborso ai soci azzerati di Bpvi e Veneto Banca la prima sentenza su una causa civile riguardo alle azioni azzerate ha chiuso il giudizio di uno degli oltre 106mila soci azzerati dalle due popolari solo in Veneto.
La pensionata cliente di Popolare di Vicenza aveva acquistato a ottobre 2009 e 2010, 660 azioni della banca a 60,5 euro, per quasi 40 mila euro, dietro insistente suggerimento della banca  che le aveva rappresentato quelle operazioni come investimenti della specie più sicura e dopo esser stata rassicurata sulla possibilità di liquidare i titoli.  L'azionista aveva chiesto,  nel 2014, di poter vendere le azioni. La banca le aveva risposto  di non poterle riacquistare dato che per usare il fondo acquisto azioni proprie era diventato obbligatorio l’autorizzazione di Bce, e quindi la decisione di agire in giudizio.
Il giudice valutati tutti gli argomenti  ritiene che il punto critico è il fatto che la banca non aveva informato la pensionata sui rischi dell’illiquidità delle azioni che le stava vendendo.  Infatti si tratta di titoli che possono essere venduti attraverso canali interni della banca, ma solo se ci sono compratori disponibili ad acquistare. Il giudice accerta infatti che non corrisponde la tesi della banca che al momento degli acquisti «esisteva un vivace mercato di scambio» e che la «sostanziale illiquidità» successiva fu dovuta ai limiti introdotti al riacquisto delle azioni. La sostanza, spiega il giudice, è che era stata «del tutto insufficiente» l’informativa sui titoli illiquidi nell’informativa precontrattuale consegnata al momento della vendita, visto che la scheda dà un’informazione «vaga e generica» sui titoli illiquidi, senza dire che le azioni Bpvi appartenevano a quella categoria.
Infatti è solo è solo a dicembre 2014 che la banca spiega per la prima volta risparmiatrice come avvengono gli scambi delle azioni Bpvi per giustificare la mancata vendita delle azioni. Per il giudice, la questione dei limiti allo scambio, con gli effetti sul prezzo, andava spiegata per bene all’atto dell’acquisto. Inoltre la mancanza di esperienza negli investimenti era dimostrata dal fatto di avere avuto solo esperienze di acquisto dio un fondo di obbligazioni governative.
Carente inoltre la valutazione di appropriatezza che, secondo il giudice, se fosse stata effettuata avrebbe dissuaso dal procedere all’acquisto ove fosse stata adeguatamente informata delle caratteristiche del titolo.
Appurato inoltre che la crisi della banca è stata determinata soprattutto da vicende occorse alla società e non dall’andamento del mercato.
Sottolinea il giudice infine, ai fini della quantificazione delle spese processuali,  che la banca non ha mai manifestato una reale disponibilità a raggiungere una soluzione stragiudiziale della controversia.


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