Le polizze vite sono da considerarsi tali solo se garantiscono la restituzione del capitale “investito”, altrimenti sono contratti di investimento ordinari.
La Corte di Cassazione con la ordinanza 10333/2018, che conferma una pronuncia della Corte di appello di Milano, torna sulla questione della differenza tra polizze assicurative e contratti di investimento attualizzando i principi di diritto già espressi in precedenza, ma soprattutto si occupa della normativa di protezione applicabile ai contratti sottoscritti attraverso società fiduciarie.
La questione riguarda le polizze vita in cui manca la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza. La giurisprudenza e concorde nel ritenere che tali prodotti devono essere considerati veri e propri investimenti finanziario da parte degli assicurati, e non polizze assicurativa sulla vita. In questi termini la corte territoriale aveva quindi accolto le conclusioni dell’investitore.
Infatti, richiamando una suo precedente pronuncia (la sentenza 6061/2012) la Corte ha chiarito che, Il giudice di merito, al fine di stabilire se l'impresa emittente, l'intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa, deve interpretare il contratto, e tale interpretazione non è censurabile in sede di legittimità se immune da vizio di motivazione, al fine di stabilire se esso, al di là del "nomen iuris" attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell'esistenza dell'assicurato è assunto dall'assicuratore) oppure si concreti nell'investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio di "performance" sia per intero addossato all'assicurato).
I giudici di legittimità hanno anche stabilito che l’adempimento degli obblighi dell’intermediario finanziario devono essere valutati nei confronti del fiduciante e non anche della società fiduciaria, dopo aver preso in considerazione la funzione prioritaria di rimuovere le asimmetrie informative della disciplina del rapporto fra investitore e intermediario finanziario. A sostegno di questa interpretazione, la Cassazione ha richiamato le comunicazioni Consob (DI/98086703 del 4 novembre 1998 e DIN/6022348 del 10 marzo 2006) relative alla possibilità per le società fiduciarie, alle quali è consentito, come previsto dalla legge n.1966 del 1939, di rendersi intestatarie di contratti di investimento e di contratti di negoziazione e raccolta ordini per conto dei propri fiducianti.
Link e Documenti
Cassazione Ordinanza n. 10333 depositata il 30/4/2018
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