Non sembra trovare soluzioni definitive la vicenda del calcolo degli interessi sui buoni postali fruttiferi. La questione nasce dal decreto ministeriale del 1986 che aveva ridotto notevolmente il rendimento delle serie precedentemente emesse. Poichè si tratta di titoli a scadenza molto lunga, esiste ancora un ampio contenzioso perché molti investimenti effettuati negli anni 80 possono oggi valere cifre molto importanti, e così anche la differenza fra il rendimento calcolato e quello che effettivamente viene corrisposto da Poste.
Secondo le decisioni della Cassazione, i buoni postali fruttiferi non hanno natura di titoli di credito, e gli interessi sono dovuti sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti, e le diciture che figurano sul documento consegnato ai sottoscrittori, devono ritenersi prevalenti sulle determinazioni difformi contenute in un decreto ministeriale precedente alla loro emanazione. Questo il principio di diritto ribadito dalla suprema corte con l'ordinanza 4761/2018.
Della questione si è occupato in diverse occasioni anche l’Arbitro Bancario Finanziario, il cui costante orientamento è accogliere le domande aventi ad oggetto titoli emessi dopo il 1° luglio 1986, data di entrata in vigore del D.M. 13/6/1986 che pertanto, per come apparivano, potevano aver ingenerato un legittimo affidamento del cliente sulla validità delle condizioni riportate sul titolo, essendo già esaurito il potere innovativo del decreto sulle condizioni di stipula.
Le controversie nascono dal fatto che furono utilizzati per errore moduli stampati precedentemente, e che riportavano sul retro i rendimenti anteriori al decreto, per cui gli acquirenti erano convinti al momento dell’acquisto di beneficiare appunto di quei tassi di interesse.
Inoltre il timbro apposto a rettifica dei rendimenti indicava solo la misura gli interessi fino al ventesimo anno, senza fare menzione della misura applicabile fino alla scadenza (30 anni). Sicchè l’aggiornamento può valere solo per gli interessi fino al 20° anno ma non per quelli dal 21° al 30°.
Sulla base dell’orientamento dell’Arbitro bancario Finanziario Poste Italiane deve rimborsare i buoni sulla base delle condizioni riportate sul retro dei titoli, per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno, al netto delle ritenute fiscali.
La differenza non è di poco conto se si considera che un buono di 5.000.000 di lire acquistato nel 1988 Poste Italiane, con il timbro di aggiornamento stampigliato sul retro, rimborsa oggi circa 27.000 euro netti, mentre sarebbero oltre 60.000 tenendo conto dei rendimenti riportati sul retro dei buoni. La sola differenza di rendimento relativa agli interessi dal 21° al 30° anno vale un rendimento aggiuntivo di circa 19.000 euro lordi, rispetto al rendimento ufficiale corrisposto da Poste Italiane al possessore del buono.
Di recente il Tribunale di L'Aquila con ordinanza del 21/12/2018 ha riconosciuto che in effetti dal tenore letterale del buono postale emerge l’annullamento dei tassi di interesse dal primo al ventesimo anno con sostituzione con quelli del d.m. del 13/6/1986, ma non anche di quelli relativi al periodo successivo. Per tale motivo ha concesso la provvisoria esecuzione del provvedimento con cui il possessore dei buoni postali chiedeva di rimborsare il rendimento pieno per tale periodo.
Il problema di fondo è se l'informazione resa al risparmiatore al momento della sottoscrizione, riportata sul retro del buono, assume valore determinante, e quindi se deve essere tutelato il sottoscrittore di un buono postale corredato da una tabella per la liquidazione dei tassi, in mancanza di informativa contrattuale circa la possibilità di successiva variazione dei tassi anche in senso peggiorativo.
Di recente è stata rimessa alle sezioni Unite della Cassazione la questione se la riduzione del tasso di interesse sui Buoni Postali fruttiferi possa essere disposta in via unilaterale mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale oppure se, per l’efficacia del nuovo tasso, occorre che il risparmiatore sia informato mettendo a sua disposizione presso gli uffici postali le tabelle riportanti le nuove misure, con la conseguenza che l'emittente ha l'onere di provare di avere tempestivamente provveduto, negli uffici postali aperti al pubblico, all'effettiva messa a disposizione delle nuove tabelle.
La questione insomma è ben lontana dall’essere risolta e pertanto i possessori di buoni postali che hanno percepito rendimenti dimezzati, possono avviare una azione legale, all’ABF o presso il tribunale competente, per recuperare la differenza.
Link e documenti:
Tribunale L'Aquila 21/12/2018
Ordinanza Cassazione 21543/2018
Calcolatore rendimento ufficiale buoni postali
L'Ufficio Legale di AECI assiste i soci nella verifica delle anomalie finanziarie e in tutte le controversie bancarie e sui servizi di investimento, comprese quelle sui rendimenti dei Buoni Fruttiferi Postali.
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