Nuova pronuncia del tribunale di Modena sulla vicenda dei diamanti acquistati tramite la banca. Il giudizio, attivato dall’Ufficio legale di Aeci, si è concluso con sentenza n.352 depositata il 10 marzo che ha condannato Banco BPM a risarcire il danno cagionato ai clienti. La causa riguardava l’acquisto di diverse pietre da parte di pensionati della provincia di Modena, una delle zone in cui si è registrato un gran numero di controversie dello stesso genere.
Il Tribunale ha ritenuto, anche questa volta, che deve ravvisarsi la responsabilità della banca anche perché, contrariamente a quanto sostenuto dall’istituto di credito, la stessa BPM ha sicuramente contribuito alla vendita dei beni preziosi poiché ha sottoposto ai risparmiatori il materiale informativo contenente le informazioni fuorvianti, e atteso che gli stessi erano da molti anni clienti della Banca.
Inoltre, secondo il Giudice di Modena, non si può parlare di mero orientamento in ordine all’attività della banca, poiché l’orientamento implica la trasmissione di contenuti informativi minimi che rendono orientato chi non lo è.
Prosegue il Giudice;“ tra questi contenuti informativi minimi, poteva e doveva a esserci l’avvertenza per cui il pacchetto che gli attori erano intenzionati ad acquistare non comprendeva solo le pietre e che, pertanto, il valore delle pietre era (di gran lunga) inferiore al bonifico”.
Il Tribunale di Modena condivide espressamente la giurisprudenza di merito già esistente sull’argomento e in particolare Tribunale di Verona 23 maggio 2019 secondo cui il fondamento normativo della responsabilità della banca, nel caso di specie, deve ravvisarsi o nell’esistenza di obblighi di informazione e protezione in relazione ai quali il rapporto contrattuale tra banca e cliente si atteggia a mero presupposto storico (art. 1173 cc) o addirittura nel rapporto stesso, in quanto “l’attività di vendita di beni preziosi, a cui Banco BPM ha sicuramente contribuito, può ricondursi al novero delle attività connesse a quella bancaria che l’art. 8, comma 3, del D.M. Tesoro 6 luglio 1994 definisce come “attività accessoria che comunque consente di sviluppare l’attività esercitata”, aggiungendo che: “A titolo indicativo costituiscono attività connesse la prestazione di servizi di: a) informazione commerciale […]”.
La sussistenza del danno emerge in riferimento anche ai contenuti nel provvedimento AGCM, visto che in esso si descrive come il valore della pietra copriva solo in parte (20-40%) del prezzo pagato dal consumatore, dovendosi aggiungere: costi doganali/Trasporto Assicurato/Oneri generali; copertura assicurativa/custodia; costi rete commerciale; commissione banca; margine IDB; IVA.
Quindi, il Giudice afferma che gli acquirenti non hanno null’altro da provare in ordine al danno se non l’intera somma pagata in dipendenza dell’omissione informativa di BPM che integra l’inadempimento degli obblighi scaturenti dal rapporto tra gli attori e la stessa Banca.
La sentenza è, sostanzialmente, in linea con le precedenti pronunce del Tribunale di Modena, nonché del Tribunale di Verona da ultimo del Tribunale di Lucca, quest’ultima patrocinata sempre dall’Avv. Francesco Giordano dello Studio Lexopera di Firenze e responsabile dell’ufficio legale di Aeci Firenze.
Sul fronte restituzioni diamanti, é notizia dell’ultima ora che al momento sono state sospese le attività della procedura, in ossequio ai provvedimenti governativi relativi ai rischi di infezione Covid-19. Ad ogni modo, sono state conteggiate circa 29 mila domande di restituzione pietre da parte degli aventi diritto, ancora in deposito presso la sede della Società fallita Intermarket Diamond Business S.p.A.
Link e documenti
Sentenza Tribunale di Modena n. 352 del 10 marzo 2020