DIAMANTI: NUOVA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI LUCCA

7/09/20

 

 

Il Tribunale di Lucca con la sentenza n. 750/2020 del 4 Settembre, in linea con le precedenti pronunce, ha condannato nuovamente Banco BPM a restituire a favore di  un risparmiatore della Garfagnana   una somma pari alla differenza tra il prezzo pagato per l’acquisto dei diamanti ed il valore effettivo, stimato sulla base dei criteri derivanti dai listini Rapaport

La causa riguardava l’acquisto di diamanti presso la filiale di Banco Popolare, ora BPM di Piazza al Serchio, effettuati da numerosi risparmiatori, che poi si sono rivolti al tribunale, rappresentati e difesi dall’Avv. Francesco Giordano, dello Studio Lexopera nonché responsabile dell’ufficio legale di AECI Firenze. 

Come in tutte le altre vicende il cliente era stato indotto dalla banca ad effettuare operazioni di acquisto di due diamanti, lasciati quindi in custodia presso la venditrice società “IDB S.p.a.” (Intermarket Diamond Business).

Il Tribunale di Lucca, ha ritenuto, anche questa volta, che deve ravvisarsi la responsabilità della banca, in via preliminare poiché é apparso subito evidente l’interesse dell’istituto alla conclusione dell’affare, giacché la Società Intermarket Diamond Business S.p.A., oggi fallita, garantiva alla stessa banca un corrispettivo per ciascuna segnalazione di potenziali clienti andata poi a buon fine. Inoltre, é emerso in via generale che diversi clienti avessero segnalato di essere stati indotti dal personale della Banca BPM ad effettuare l’acquisto delle pietre, con un ruolo attivo dello stesso personale, che illustrava e commentava i grafici prodotti dalla società IDB.

Inoltre, secondo il Giudice, risulta evidente che il valore dei
diamanti acquistati dal cliente era di gran lunga inferiore al prezzo effettivamente pagato, e che gravava in ogni caso sulla Banca l’obbligo di informare il cliente su detta circostanza :

Prosegue, ancora, il Giudice, segnalando che la Banca avrebbe dovuto in particolare segnalare al proprio cliente l’effettivo o utilizzo delle somme da questi versate, specificando quali importi e in quale misura sarebbero stati destinati a servizi e  oneri aggiuntivi rispetto al mero acquisto delle pietre e giustificare in tal modo al proprio cliente il prezzo da questi pagato alla società IDB 

Inoltre, il Giudice evidenzia che l’attività di segnalazione della Banca era remunerata da parte della società venditrice, parendo davvero probabile che parte del prezzo fosse destinato a coprire le spese della società attinenti alla remunerazione della banca.

La decisione di condanna si fonda anche sulle risultanze contenute della relazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che aveva sanzionato sia le banche che la società IDB  per la rappresentazione parziale, ingannevole e fuorviante dell’investimento in diamanti quale “bene rifugio”, per la rappresentazione del prezzo, qualificato come “quotazione di mercato” ma in realtà non corrispondente a tale concetto, per la rappresentazione, non oggettiva e non corrispondente alla realtà, dell’andamento del mercato dei diamanti e, infine, per la qualifica soggettivamente attribuita alla “IDB” di “leader del mercato”.

Il valore da corrispondere all’attore sarà, secondo detta ultima sentenza e  in linea con i precedenti sul punto, pari alla differenza tra la somma complessiva pagata ed il valore effettivo dei diamanti come emerso dalla produzione del listino Rapaport.

Link e Documenti:
Sentenza n. 750 del 4 settembre 2020

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