La Corte di cassazione civile, con l’ordinanza Del 15 giugno 2021, n. 16936 si esprime sulla responsabilità della struttura sanitaria in caso di ritardo della prestazione La cassazione si occupa della responsabilità del Servizio sanitario nelle situazioni di particolare emergenza. Grava sull’Azienda ospedaliera la prova che il ritardo della prestazione sia imputabile al paziente. Dunque, costituisce inadempimento della prestazione il ritardo della stessa nel momento in cui la struttura non dimostri che il differimento dell’intervento fosse in ogni caso inevitabile.
IL CASO TRATTATO
La vicenda nasceva in epoca precedente alla Legge Balduzzi e alla riforma dovuta alla Legge Gelli-Bianco del 2017, quando un paziente in stato di coma veniva ricoverato d’urgenza presso il locale ospedale per un sospetto ematoma subdurale e trasportato in sala operatoria. L’intervento chirurgico veniva ritardato a causa della sopravvenienza di un caso considerato più grave ed urgente. Conseguentemente i familiari, per evitare l’aggravamento, decidevano di trasferire il paziente in una clinica privata dove veniva operato con successo, ma con un costo di oltre 18.000 Euro.
Il paziente decideva così di chiedere il rimborso della somma alla Regione che però riteneva la richiesta ingiustificata, e portava alla causa intervenire in Tribunale.
Il giudice in primo grado rigettava la domanda ritenendo che non vi fosse stato alcun inadempimento. La Corte d’appello, invece, riformava però la decisione perché il differimento della prestazione urgente costituisce un vero e proprio inadempimento che ha provocato il conseguente danno consistito nella necessità della spesa successiva effettuata presso la struttura privata.
La struttura sanitaria ricorre in Cassazione sostenendo che l’intervento non rivestiva carattere urgentissimo e che il suo differimento era dunque lecito in ragione del sopraggiungere di casi più gravi; che la scelta di spostarsi in altra struttura, avrebbe determinato l’impossibilità della prestazione, che sarebbe stato onere del paziente provare la fonte contrattuale dell’obbligazione nonché l’inadempimento.
I MOTIVI DELL’ORDINANZA
La cassazione decide di dare ragione al paziente, premessa la pacifica natura contrattuale della responsabilità. Di conseguenza grava sull’Azienda la prova liberatoria, ossia la prova che il ritardo della prestazione non fosse ad essa imputabile, in modo conforme alla regola probatoria in tema di responsabilità contrattuale.
Gli Ermellini, in sostanza non possono mettere in discussione – data la funzione nomofilattica – l’accertamento dei fatti della corte d’appello che, con motivazione adeguata, ha ritenuto che l’intervento fosse urgente e che il suo differimento non fosse giustificato. In sostanza “l’Azienda non ha dimostrato che era inevitabile differirlo”, indicando circostanze fattuali e documentali (cartella clinica ed altro).
La cassazione conferma la decisione del giudice di appello del fatto che ad essere inadempiente è stata l’Azienda, ed esclude, per logica conseguenza, che possa invece la mancata prestazione possa essere imputata alla condotta colpevole del paziente o di concorso di colpa di quest’ultimo.
Il risultato della decisione
La cassazione conferma la conclusione del giudice di appello che condanna l’azienda a risarcire interamente delle spese sostenute per l’intervento privato, escludendo che la mancata prestazione possa invece essere imputata a condotta negligente del paziente o di un concorso di colpa di quest’ultimo.
Link e documenti:
Corte di Cassazione Ordinanza 16936/2021
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