NULLITA’ DEL MUTUO FONDIARIO PER SUPERAMENTO DEL LIMITE DELL’80%

27/02/20

La Corte di Cassazione con ordinanza 21 gennaio 2020, n. 1193  conferma il principio che il limite di finanziabilità rispetto al valore dei beni ipotecati, previsto dall’art. 38 co. del TUB è elemento essenziale del contratto ed il suo mancato rispetto determina la nullità. Di conseguenza gli interessi sono dovuti nella misura legale e non al tasso stabilito nel contratto di mutuo.

Le posizioni sull’argomento si sono andate sviluppando a partire dal 2013. La precedente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 26672/13; n. 27380/13; Cass. n. 22446/15; Cass. n. 4471/16; Cass. 13164/16) sosteneva  che la violazione della soglia massima finanziabile del 80% non incide sulla validità del contratto di “mutuo fondiario”, comportando  unicamente l’irrogazione di una sanzione amministrativa alla banca (ex art. 145 Tub).

L’orientamento è stato poi superato dall’interpretazione avviata da  Cass. n. 17352/17, che ha confortata  da successive pronunce  Cass. Ord. n. 19016/17;  Cass. Civ, 9 maggio 2018, n. 11201; Cass. Civ., 16 marzo 2018, n. 6586; Cass. Civ., 12 aprile 2018, n. 9079; Cass. Civ., 11 maggio 2018, n. 11543; Cass. Civ., 28 maggio 2018, n. 13285; Cass. Civ., 28 maggio 2018, n. 13286; Cass. Civ. n. 2466/18; ; Cass. n. 22459/2018

Al contrario, la circostanza della costruzione e della ristrutturazione dell’abitazione principale, non costituisce un elemento essenziale per “qualificare” il mutuo fondiario, poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso, né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità (ex multis: Cfr. Cass. n. 317/2001; Cass. n. 9511/2007 e Cass. n. 4792/2012).

L’orientamento giurisprudenziale è stato recepito dai giudici di merito. La Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 2660/2019, confermando quanto statuito dal Tribunale, ha dichiarato la nullità del contratto di mutuo fondiario” per superamento della soglia massima finanziabile. Stesso principio è espresso dalla Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 663 del 15.04.2019.

Di recente il Tribunale Sulmona con sentenza 31 Dicembre 2019 ha confermato e applicato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell’art. 38, 2° comma, t.u.b. e della conseguente delibera del Cicr del 22.4.1995, determina la nullità del contratto di mutuo fondiario. Tale limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come «fondiario», ferma restando tuttavia la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti.

Nella prassi, il problema nasce dal fatto che banche e clienti sono spesso interessati a forzare il dato normativo poichè la stipula di un “mutuo fondiario” è vantaggioso per la banca (per i minori oneri di iscrizione ipotecaria, le facilitazioni nella fase esecutiva, l’inefficacia dell’azione revocatoria fallimentare ecc.), ma anche per il cliente (per il minore tasso d’interesse, spese notarili, agevolazioni fiscali ecc.).

Gli effetti prodotti dalla nullità del contratto riguardano principalmente la misura degli interessi dovuti alla banca.   Come puntualizza Corte d’Appello di Torino nella sentenza n. 663/2019,  la conseguenza della nullità consiste nella restituzione alla Banca del capitale mutuato,  non in assenza di interessi, poiché tale sanzionatoria conseguenza è unicamente applicabile alla nullità del mutuo per pattuizione di interessi usurari, bensì  maggiorato di interessi legali che decorrono dalla data della notifica del precetto.

Sulla conversione del contratto di mutuo da “fondiario” a “ipotecario” la giurisprudenza della cassazione  (Cass. Civ. n. 4760/2018)  ritiene che  la idoneità del negozio a produrre gli effetti del mutuo ipotecario deve essere valutata dal giudice di merito accertando la volontà delle parti e comunque senza che tale accertamento possa aver luogo d’ufficio.

Link e documenti:

Tribunale  sentenza n. 338 del 31 Dicembre 2019
Cassazione  ordinanza 21 gennaio 2020, n. 1193

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