Le controversie sui buoni postali stanno crescendo in coincidenza con la scadenza di emissioni molto diffuse perché promettevano interessi molto elevati. Molti risparmiatori presentandosi agli sportelli trovano spesso sgradite sorprese, a volte perché scaduto il termine massimo per riscuotere, ma molto spesso perché gli interessi risultano inferiori a quelli previsti.
Sta di fatto che molti risparmiatori non si sono arresi e si sono rivolte all’Associazione di Consumatori AECI Verona 3 con il Dott. Daniele Barbieri, e con l'assistenza legale dell’Avv. Francesco Giordano e dei consulenti di StudioCredit di Firenze si sono rivolte al Tribunale di Verona che con decreto ingiuntivo ha intimato a Poste Italiane il pagamento della differenza tra quanto avrebbero dovuto riscuotere sulla base delle condizioni contrattuali pattuite all’atto dell’emissione dei titoli e quanto fosse stato loro effettivamente erogato.
Le situazioni sono però diverse e non sempre è possibile recuperare capitale e interessi, vediamo in dettaglio:
BUONI POSTALI PRESCRITTI
Sono molti coloro scoprono in ritardo di essere possessori buoni postali mai incassati e scaduti da oltre 10 anni. L’ufficio postale rifiuta le richieste di incasso perché decorso il termini di prescrizione. In passato i pagamenti spesso avvenivano ugualmente, anche dopo i dieci anni, per consuetudine ma anche in virtù del Decreto del Ministero del Tesoro del 19 dicembre 2000 che concedeva, al comma 2 dell’art. 8, alla Cassa Depositi e Prestiti la (Cdp) facoltà di rimborsare le richieste di crediti scaduti mediante una delibera del consiglio di amministrazione.
Con la trasformazione della Cdp in società per azioni i buoni fruttiferi postali emessi fino al 13 aprile 2001 sono stati trasferiti al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed equiparati a tutti gli effetti ai titoli del debito pubblico, compresi gli effetti della prescrizione. I diritti dei titolari dei buoni, quindi, si prescrivono dopo dieci anni dalla loro scadenza e non sono previste eccezioni.
La legge 27 ottobre 2008, n. 166, prevede che l’importo non riscosso dovuto ai beneficiari dei buoni fruttiferi postali cartacei, emessi dopo il 14 aprile 2001, è versato al Fondo istituito presso il Ministero dell’Economia dieci anni dopo la scadenza, quando superiore a cento euro.
Va avvertito quindi che non sono credibili le storie riguardo alle possibilità di recuperare somme aumentate addirittura della rivalutazione monetaria a seguito del ritrovamento di vecchi buoni postali, o anche di libretti, ed è infondata la tesi secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il titolo viene ritrovato.
BUONI POSTALI EMESSI DAL 1974 al 30 giugno 1986.
Alcune sentenze, tra cui Sentenza del Tribunale di del Cassino 9 settembre 2016 si schierano dalla parte dei risparmiatori che avevano acquistato i Buoni fidando nei rendimenti promessi nel titolo. Altre sentenze invece danno ragione a Poste Italiane, che, in quanto collocatore di prodotti di terzi, si è limitata ad applicare la variazione dei rendimenti come previsto dal decreto del ministero del Tesoro del 13/6/1986. La modifica del tassi di interesse rispetto a quanto riportato sul retro dei Buoni Postali Fruttiferi è infatti stata disposta dal Ministro del Tesoro di concerto con il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, e resa nota mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28/06/1986.
BUONI POSTALI EMESSI DOPO IL 30 giugno 1986.
Invece sono molte più elevate le possibilità di recuperare gli interessi indicati nella tabella sui Buoni che riportano sul retro la tabella utilizzando moduli prestampati con i tassi di interesse non aggiornati (si tratta di Buoni emessi nella seconda metà del 1986 e nei primi mesi del 1987). In questo caso viene in aiuto la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha dato ragione ai risparmiatori già dieci anni fa stabilito che «il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti», sentenza 13979/2007), validando le ragioni dell’affidamento contrattuale. La questione riguarda soprattutto diversi titoli della serie “Q” , ma anche altre serie a termine N, O, P, AA, AB, AF, che hanno spesso hanno a volte stampigliato un computo di interessi diverso da quello effettivamente percepito perché, Poste Italiane non ha tempestivamente adeguato le informazioni sulla variazione dei tassi.
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