L’Arbitro per le Controversie Finanziarie (Acf) ha riconosciuto il risarcimento a un risparmiatore che aveva acquistato azioni di Veneto Banca. L'intermediario è stato condannato a restituire 103mila euro, pari alla sua perdita totale. Nel 2012 il risparmiatore aveva acquistato azioni di Banca Veneto tramite Banca Apulia, società partecipata di Veneto Banca, perdendo, in seguito, tutti i suoi risparmi.
L‘Acf è il nuovo organismo creato dalla Consob per la risoluzione delle controversie finanziarie ed è operativo dal 9 gennaio 2017.
Banca Intesa ha tentato la difesa nel procedimento affermando che Banca Apulia è estranea alla vicenda di cui è responsabile la sola Veneto Banca, all‘epoca sua controllante, si legge nella nota.
Secondo l‘Acf però il decreto legge per la liquidazione ordinata delle due venete ha escluso che le passività della bad bank possano gravare sull‘acquirente degli asset sani, ma questo limite riguarda soltanto le banche poste in liquidazione coatta amministrativa e non le controllate non sottoposte a procedura concorsuale, come Banca Apulia.
La restituzione delle perdite subite in seguito al crack delle banche venete è un obiettivo che chi ha acquistato i titoli da banche diverse da quelle in liquidazione può raggiungere se dimostra le violazioni degli obblighi informativi della banca.
Infatti l’Arbitro ha accertato in questo caso diverse violazioni da parte della Banca che ha negoziato i titoli, ai sensi della vigente normativa in materia di servizi di investimento. Il ricorrente ha dimostrato di non essere stato adeguatamente informato e, comunque, di non essere stato messo in condizione di ben comprendere la natura di titolo non quotato delle azioni della banca, a quel tempo capogruppo dell’intermediario, e quindi in situazione di segnalato conflitto d’interessi. inoltre ha dimostrato di non essere stato destinatario del set informativo, specifico e rafforzato, previsto dalla Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009 in materia di prodotti finanziari illiquidi, con l’effetto che egli non sarebbe stato messo in condizione di effettuare scelte d’investimento consapevoli. La banca non ha svolto neanche la valutazione di appropriatezza dell’investimento, dovuta invece ai sensi dell’art. 42 del Regolamento Intermediari, così come ha violato i doveri di corretta valutazione delle operazioni in relazione al profilo dell’investitore, stante che in alcuni acquisti l’intermediario ha ritenuto di rilevare l’inadeguatezza di tali operazioni “per superamento del limite di concentrazione”, mentre non è intervenuto a segnalare l’anomalia in altre operazioni sugli stessi titoli. Di conseguenza il portafoglio del cliente raggiungeva elevati livelli di concentrazione in titoli della banca capogruppo. Infine, rileva l’ACF, è stato inopinatamente modificato il profilo di rischio del cliente, con riferimento sia “all’esperienza” passata da “media” ad “alta”, sia agli “obiettivi d’investimento”.
L’insieme delle considerazioni hanno spinto il Collegio a ritenere fondata la domanda e, conseguentemente, ad accogliere la richiesta risarcitoria del risparmiatore
Link e documenti:
ACF – Decisione n. 107 del 16 novembre 2017
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