La procedura di risoluzione non offre agli istituti che hanno inglobato le banche risolte uno scudo totale rispetto alle pretese di risarcimento dei clienti di queste ultime. Questo perché, almeno in alcuni casi, i primi possono essere chiamati a rispondere per i comportamenti delle “vecchie banche”. A stabilirlo alcune decisioni pubblicate ieri sul sito dell’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob (le decisioni sono la n. 165/2017 e le cinque seguenti nella numerazione); dal canto loro, le banche acquirenti – nella fattispecie Ubi e Bper – contano sulla manleva prevista nell’accordo con il Fondo di risoluzione, a carico del quale sarebbero eventuali oneri da contenzioso.
E’necessario però che ci sia la violazione della disciplina in materia di servizi di investimento. Per quanto riguarda invece le carenze del prospetto informativo l’Acf ritiene che queste non rientrano nel suo ambito di competenza.
Nella decisione 165/2018 il motivo per il quale l’Acf ha accolto il ricorso del cliente è che la banca emittente aveva offerto le proprie azioni sulla base di un set informativo in cui aveva intenzionalmente omesso di riportare notizie rilevanti al fine di valutare l’opportunità e la convenienza dell’investimento; mentre nella decisione 168/2018 è stato negato il risarcimento all’azionista poiché il ricorrente non aveva indicato e provata la sussistenza di una violazione in capo alla vecchia banca.
I clienti della Vecchia Banca così come avrebbero potuto avanzare pretese risarcitorie nei confronti della Vecchia Banca (in modo del tutto indipendente dal loro status di azionisti e quindi, in ipotesi, anche dopo avere rivenduto le azioni sottoscritte), allo stesso modo non possono non ritenersi legittimati a procedere in tal senso anche nei confronti della Nuova Banca, che – per quanto sopra rilevato – è da ritenersi subentrata, senza soluzioni di continuità, nelle situazioni giuridiche attive e passive facenti capo alla Vecchia Banca, con la sola eccezione di quelle specificamente escluse, questo pèerò non significa un automatico riconoscimento delle ragioni se non si dimostra che la banca si è comportata in modo scorretto nella venita dei prodotti.
Infatti le decisioni dell’Acf che hanno visto vittoriosi i clienti riguardano situazioni collegate all’aumento di capitale del 2012 e per le quali la banca rispetto a questi clienti era stata sia emittente che intermediario. In quel caso secondo anche altre decisioni dell’Acf l’informativa che è dovuta al cliente non può essere limitata al solo prospetto che accompagna l’offerta al pubblico, invece è necessario dare loro un’informazione specifica e personalizzata.
Link e documenti:
Decisioni ACF
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