DIAMANTI DA INVESTIMENTO: LA BANCA DEVE RIPAGARE L’AZIENDA

6/07/21

Ancora una sentenza sulla vicenda dei diamanti venduti dalle banche a prezzi gonfiati. La sentenza del tribunale di Milano n. 5876 del 4 luglio 2021 ha dato pienamente ragione ad una piccola azienda che aveva acquistato alcune pietre fidandosi dei consigli della propria banca.

IL CASO TRATTATO

La sentenza di Milano ripercorre la vicenda, comune a tutti i clienti di IDB, molti dei quali I servizi diffusi da popolari trasmissioni televisive avevano denunciato che i diamanti acquistati valevano un terzo o anche un quarto del prezzo pagato. Vittime del raggiro anche numerosi personaggi famosi (fra cui Vasco Rossi e Federica Panicucci).

In questo caso la società, come tanti altri risparmiatori  assistiti dal nostro ufficio legale, con l’avv. Francesco Giordano,  domandava di essere risarcita delle perdite. Il Tribunale di Milano ha dato pienamente ragione avendo appurato che la banca aveva messo a disposizione della propria clientela il materiale divulgativo ed informativo. Infatti l’amministratore della società apprendeva, da parte del personale dell’Istituto di credito, della possibilità di acquistare i diamanti, prendendo visione del materiale informativo. La banca  aveva quindi inoltrato l’ordine d’acquisto ed aveva ospitato le parti presso i propri locali per la vendita e la consegna dei diamanti.

Da tutto ciò il giudice desume la responsabilità di Banca Popolare di Lodi, poi assorbita da Banco BPM, per la violazione degli obblighi informativi e protettivi nei confronti del cliente, nascenti da un contatto sociale qualificato.

Proprio davanti al tribunale di Milano, questa volta in sede penale,  è fissata per il 19 luglio 2021 l’udienza del processo che coinvolge 105 imputati di vari reati.

I MOTIVI DELLA SENTENZA 

Il giudice civile di Milano prende atto che  anche il Consiglio di Stato, con la sentenza 2081/2021 in merito alla sanzione irrogata dalla AGCM a diverse banche tra le quali BPM s.p.a., ha avuto modo di accertare che IDB S.p.a. rappresentava in modo ingannevole ed omissivo: a) il prezzo di vendita dei diamanti, fissato in maniera autonoma dal professionista e tale da comprendere costi e margini di importo complessivamente superiore al valore della pietra, ma presentato come quotazione di mercato, l’andamento dei quali veniva pubblicato, a pagamento, su giornali economici; b) l’aspettativa di apprezzamento del valore futuro dei diamanti, attraverso grafici costruiti sull’andamento dei propri prezzi di vendita presentati come “quotazioni” e messe a confronto con indici ufficiali e quotazioni di titoli stabilite in mercati regolamentati; c) la facile liquidabilità e rivendibilità del diamante, quando invece l’unico canale di rivendita attraverso il quale avrebbero potuto essere realizzati i guadagni prospettati è rappresentato dagli stessi professionisti; d) la qualifica di leader di mercato, impiegata senza ulteriori precisazioni al fine di conferire un maggiore affidamento alla propria offerta.

Secondo il giudice non v’è dubbio che la Banca sia un soggetto qualificato e che, pertanto, fosse tenuta a conformare la propria condotta in modo tale da non ledere l’affidamento legittimamente risposto dal proprio cliente nella serietà e trasparenza della stessa.  Al contrario,  BPM svolgeva un ruolo attivo nella commercializzazione dei diamanti, agevolando la conclusione delle operazioni di vendita, rilevatesi pregiudizievoli per i clienti.

I criteri di calcolo del risarcimento

La sentenza è in linea con le decisioni di numerosi tribunali, pubblicate tutte sul nostro sito. L’orientamento dei giudici si conferma quello di riconoscere il diritto dei clienti di  essere risarciti in base alla differenza fra il prezzo pagato e il valore effettivo calcolato mediante il raffronto con il valore per carato di diamanti della stessa purezza e dello stesso colore di quelli acquistati indicato nel listino Rapaport.

Link e documenti:

Sentenza del tribunale di Milano n. 5876 del 4 luglio 2021

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